1 Dicembre 2011
Un segmento fondamentale per un’economia moderna, quello della logistica, trasporto merci e spedizioni. Gravato da soffocanti nodi da sciogliere oggi per vincere la sfida della ripresa. Un settore che l’immaginario collettivo associa ai “bisonti della strada” che affaticano i nostri viaggi. Ma anche un volano per lo sviluppo dei territori, per la gestione operativa dei mercati, per la produttività del sistema-paese e non da ultimo, per una sana crescita di occupazione qualificata.
Nell’obiettivo di ricostruire la politica dei trasporti e dei servizi, da troppo tempo abbandonata a se stessa e tuttalpiù curata con pagliativi e tamponi che stanno degenerando in cancrena, FIT-CISL, il sindacato del settore, ha messo a fuoco il problema in un meeting nazionale a Chianciano.
Innanzitutto una radiografia, rilevando che il trasporto e la logistica delle merci, intesa come gestione dei magazzini e delle spedizioni rappresentano un fatturato di oltre 180 miliardi di Euro/anno. L’80 % del trasporto va su strada. Vie d’acqua da una parte (navigazione marittima e interna) e impianti fissi (ferrovie e oleodotti) si spartiscono pressocchè equamente il restante 20 per cento. La modalità aerea, pur di grande valore, è quantitativamente esigua.
Il mondo dell’autotrasporto
Perché l’anormale prevalenza del trasporto merci su strada? Influiscono-risponde il segretario nazionale FIT-CISL, Pasquale Paniccia- la particolare composizione del sistema produttivo, la geografia del Paese, la dimensione delle imprese, la polverizzazione della struttura del commercio al dettaglio. Elementi che garantiscono flessibilità e servizio porta a porta ma che generano congestione, inquinamento ed incidentalità . La latitanza di una vera politica delle infrastrutture poi, impedisce quel miglioramento delle condizioni di mobilità indicate anche a livello europeo, da un “libro bianco”della UE. Peraltro l’offerta di trasporto, sia fornita da aziende strutturate, sia da quelle monoveicolari ( i cosiddetti padroncini), è superiore alla capacità del mercato, all’esigenza della produzione e della distribuzione delle merci. E il tutto porta l’intero sistema verso una concorrenza, selvaggia e fuori controllo, che si traduce in una competizione legata ad un ribasso dei prezzi, piuttosto che ad una politica d’efficientamento, di qualità e sicurezza, rendendo impossibile realizzare un vero piano unitario d’intermodalità . E l’abbassamento dei prezzi spinge verso una sostanziale riduzione del costo, principalmente del lavoro. Questo si attua in due modalità principali e interdipendenti: abbassamento del salario, sia in termini di reddito, sia d’erosione dei diritti, innalzamento della produttività , che altro non significa che guidare più ore e ad un minor costo).
Le ingenti risorse stanziate dai governi negli ultimi dieci anni, non hanno mai risposto adeguatamente a strategie mirate a qualificare il mondo dei trasporti. Mentre le infiltrazioni della malavita, che tende ad assumere il controllo della rete di distribuzione, aumentano. In effetti dal 2000 al 2011 le imprese d’autotrasporto hanno ricevuto dallo Stato circa 5 miliardi d’euro d’incentivi, con un crescendo che ha portato a garantire alla categoria oltre 700 milioni d’euro l’anno, sia per il 2010 sia per il 2011, più del doppio rispetto a quanto inserito nel decreto incentivi, che avrebbe dovuto sostenere la ripresa economica dei vari settori dell’economia nazionale (per la cronaca per l’anno 2012 sono stati confermati 400 milioni d’euro, ma, le aziende d’autotrasporto sono rimaste per fatturato, addetti e investimenti, ferme a com’erano nel 2000. Ma gli aiuti sono stati utilizzati per mantenere prezzi bassi e competere in maniera distorta sul mercato. Un fenomeno ulteriormente aggravato con la concorrenza dei paesi neo comunitari.
Il sindacato sta contrastando derive che tendono a legalizzare situazione di dumping sociale come il cosiddetto “distacco transazionale” utilizzando le norme del dlgs 72/2000 che recepisce una direttiva europea e sancisce per lavoratori inviati in Italia da aziende di stati membri, le stesse condizioni normative e contrattuali dei lavoratori italiani. Inoltre, con accordi collettivi aziendali, si punta a stabilire deroghe controllate per straordinario e trasferte.
Ma dal punto di vista delle aziende, come evolve la situazione, sotto la spinta della concorrenza esterna e della stasi dell’economia produttiva, aggravata dalle crisi della finanza non solo pubblica ma anche privata e bancaria?
I dati che il meeting FIT-CISL di Chianciano fa emergere sono spietati. Negli ultimi cinque anni in Italia quarantamila (40.000) aziende sono state cancellate dall’albo dell’autotrasporto. Alla fine del 2009, a livello nazionale, erano iscritte 163.714 imprese che oggi sono scese a 152.352, questo significa che solo nell’ultimo anno e mezzo hanno chiuso circa undicimila (11.000) aziende d’autotrasporto. Ripartendo dunque dalle 163.714 imprese di fine 2009; ce ne sono 50.429 senza veicoli, 51.192 con un solo veicolo e 43.684 da 2 a 5 veicoli, perciò il totale delle imprese con veicoli da 1 a 5 raggiunge la cifra complessiva di 94.876. Per avere un quadro complessivo degli addetti l’analisi FIT-CISL si rifà al “mondo” degli Autoveicoli che ammontano a n.461.517 perciò stima il numero d’addetti con una giusta approssimazione a circa il 90% dei veicoli quindi 414.941 unità . E da questo punto di vista cambia l’impatto dei padroncini sul mondo dell’autotrasporto. Infatti, le imprese monoveicolari possiedono soltanto l’11,09% del totale dei veicoli e quelle da 2 a 5 arrivano al 27,25%. In totale siamo al 38,34%, rilevando, a questo punto, che esiste in ogni modo una significativa differenza tra chi possiede un solo autoveicolo con chi ne possiede fino a 5.
Ciò significa che le aziende da 6 ad oltre 200 automezzi, con un totale di 18.409, rappresentano da un lato il 16,25% sul totale delle aziende ma ben il 61,67% sul versante dei mezzi.
Il mondo della logistica e la cooperazione
Analisi e dibattito del convegno di Cisl trasporti a Chianciano hanno poi affrontato “logistica e cooperazione” che va assumendo -dice Arnaldo Neri della Segreteria Fit una crescente importanza in seguito ai cambiamenti verificatisi nei sistemi economici ed industriali a livello mondiale. Globalizzazione, internazionalizzazione delle imprese, crescita degli scambi commerciali, di tecnologia, di risorse umane, produttive e informative tra aree geografiche anche molto distanti fra loro. Tutto ciò ha prodotto un effetto dirompente sul “modo” di fare logistica e sulla sua criticità ai fini della determinazione dei livelli di competitività delle imprese.
La pressione competitiva e le esigenze del mercato spingono le imprese alla ricerca di nuovi assetti organizzativi capaci di rispondere alla crescente domanda di funzioni specializzate e di risorse per migliorare l’efficacia e alla necessità d’economie di scala e di scopo per migliorare l’efficienza.
In termini generali, i processi del mercato costringono le imprese a concentrare le risorse sulle attività essenziali per l’azienda e nel ricercare altre capacità , per supplire ad operazioni sulle quali ritengono di non impegnarsi direttamente (terziarizzazione al minor costo possibile). Da qui emerge evidente qual è il mutamento genetico dell’outsourcing logistico. Il ruolo strategico della funzione logistica permane, ma il rischio, sempre più evidente, è che il contenimento delle tariffe si riversa in un costo sociale (evasione contributiva, fiscale, non applicazione del ccnl, ecc’¦.). La logistica, dunque, nonostante le connotazioni di crescente strategicità che le vengono ormai universalmente riconosciute, rappresenta per molte imprese un’attività “scomoda”. E sono principalmente i courier internazionali e/o le grosse società di distribuzione ad avvalersi di cooperative per la gestione dei magazzini e della distribuzione.
Le cooperative di facchinaggio sono in questo contesto, imprese che scaricano e manipolano colli o merci, mercati annonari e magazzini, attraverso una gestione integrata di logistica e trasporto. Perciò, -dice ancora Arnaldo Neri- negli ultimi anni il settore del facchinaggio e della movimentazione merci ha subito una notevole evoluzione per effetto di normative sia specifiche sia di tipo generale. Normative in proposito e negoziazione sindacale puntano dunque a governare il magma dei cambiamenti epocali in corso. In particolare il sindacato guarda alla progressiva piena agibilità del contratto collettivo di lavoro della “logistica, trasporto merci e spedizione”.
Per le cooperative, -spiegano infatti i sindacalisti della Fit- l’applicazione contrattuale è stata graduata attraverso specifici protocolli d’intesa per arrivare all’ultimo rinnovo che inderogabilmente prevede l’applicazione integrale del ccnl “Logistica Trasporto merci e Spedizione da luglio 2012. E per questo motivo è opportuno -sostiene la Fit- che i contratti con i quali sono affidati lavori in appalto oltre alle normali clausole prevedano diverse dichiarazioni dell’appaltatore quali: iscrizione al registro delle imprese;iscrizione Inps e Inail; applicazione del ccnl di categoria;regolare pagamento di retribuzioni, relativi contributi e ritenute fiscali, sicurezza sul lavoro.
Come Cisl, -è stato detto a Chianciano- ormai da anni, ci siamo posti il problema dell’unificazione dei contratti, e questo è stato il nostro faro, la nostra politica contrattuale che ha sempre ricercato con forza questo obiettivo.
Il ccnl “Logistica, Trasporto Merci e Spedizione”, rinnovato il 26 gennaio 2011, ha prodotto, nonostante la presenza di 25 controparti, un risultato politico importante; infatti, per la prima volta siamo riusciti ad includere nel ccnl alcune novità importanti, tra cui: la costituzione in partenariato con le imprese, dell’ente bilaterale, per attività di sostegno, di formazione continua, di sicurezza ecc., l’assistenza sanitaria e l’intera filiera del trasporto, compresi gli artigiani e il mondo della cooperazione.
Insomma questo contratto del Merci, -secondo la FIT-CISL- ha cambiato strada. Si mira, infatti, a dare responsabilità , non solo alle imprese appaltatrici, quanto a quelle appaltanti, che sono le vere e permanenti titolari del servizio.
Spedizionieri e corrieri
Il numero delle Imprese di Spedizione e Corrieri è di 5.500 con un numero d’addetti quantificabile in circa 100.000 unità .
Le Imprese di Spedizione Import/Export sono localizzate principalmente vicino ai porti e negli Interporti e nel Centro – Nord.
Gli spedizionieri sono l’anello del trasporto merci che organizza tutto quanto sia necessario affinché la merce possa essere trasferita da un luogo ad un altro del mondo. Banalizzando si può affermare che il compito dello spedizioniere sia quello di “riempire” i contenitori che si vedono sulle navi e fare sì che il “pezzo”, denominato in gergo teu, arrivi dal magazzino del venditore, in qualsiasi parte del mondo si trovi, al magazzino del compratore, in qualsiasi parte del mondo si trovi, organizzando il metodo più veloce e combinando le varie modalità di trasporto (esempio camion, gomma e ferrovia fino al porto o trasporto aereo.
A tale proposito è bene infine sottolineare, assieme a FIT-CISL, quale importanza assumano gli interporti, infatti avere infrastrutture capaci di accorpare le modalità di trasporto, significa far risparmiare al cittadino, in modo consistente, il prezzo finale del prodotto.
Lo sviluppo degli interporti
Gli interporti ad oggi operativi in modo significativo sono i seguenti: Bari (Puglia), Bologna (Emilia Romagna), Cervignano del Friuli (Friuli Venezia Giulia), Livorno (Toscana), Marcianise (Campania), Nola (Campania), Novara (Piemonte), Padova (Veneto), Parma (Emilia Romagna), Prato (Toscana), Rivalta Scrivia (Piemonte), Torino (Piemonte), Vado Ligure (Liguria), Val Pescara (Abruzzo), Venezia e Verona (Veneto). Sono ancora in fase di progettazione o d’esecuzione Tito (Basilicata), Termoli (Molise), Bergamo (Lombardia) e Salerno (Campania).
Altri tre non sono, di fatto, ancora operativi, Jesi (Marche), Orte (Lazio) e Frosinone (Frosinone) mentre ce ne sono altri ancora in fase di realizzazione o di start-up quali Trento (Trentino Alto Adige), Rovigo (Veneto), Roma est (Lazio), Gioia Tauro (Calabria), Catania (Sicilia) e Cerignola (Puglia).
Un pezzo di Italia che sta andando “a sistema”, concludono positivamente i sindacalisti e i loro interlocutori al meeting di Chianciano. Quando tutti saranno a regime, quasi tutte le regioni italiane avranno il loro interporto.
Totale Addetti Trasporto Merci e Logistica
Il totale degli addetti del Trasporto Merci e Logistica è quindi pari a 715.000 unità ed è così ripartito:
Autotrasportatori ‘¦’¦’¦’¦’¦’¦’¦.circa 415.000
Cooperazione’¦’¦’¦’¦’¦’¦’¦’¦’¦..circa 200.000
Spedizionieri e Corrieri ‘¦’¦’¦’¦.circa 100.000