20 Febbraio 2025
Nel corso del secondo semestre 2024 i disservizi di Rfi e i ritardi di Trenitalia hanno creato disagi a pendolari e viaggiatori occasionali suscitando particolare attenzione sul Gruppo FS
I numeri della rete e dei ritardi
L’infrastruttura ferroviaria italiana conta oltre 16.700 chilometri di rete, di cui oltre 1.000 chilometri ad alta velocità, circa 2.200 stazioni, 3 impianti di traghettamento, 204 impianti merci. Con l’avvento dei processi di liberalizzazione ferroviaria in Italia sono nate una pluralità di imprese ferroviarie, circa 40, e giornalmente circolano sui nostri binari oltre 9.000 treni. Binari che hanno bisogno di essere mantenuti in efficienza sia attraverso interventi di manutenzione ordinaria, sia attraverso interventi di manutenzione straordinaria. Il 2024 è stato per Rfi (Rete ferroviaria italiana) un anno storico in quanto si sono realizzati oltre 9 miliardi di euro di lavori che hanno consentito, fra gli altri interventi, il rinnovo di circa 1.000 chilometri di binari, 1.000 deviatoi, 300 chilometri di rete elettrica e 9 sottostazioni elettriche. Un anno in cui sicuramente si sono creati disagi per i passeggeri ma anche un anno in cui, in termini di lavori e interventi effettuati, si è superata la fase di realizzazione della rete ad alta velocità del 2009. Fra gli interventi effettuati ci sono stati anche quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e c’è stato il raggiungimento dei relativi target.
Per quanto attiene ai ritardi, passeranno alla storia il guasto nel nodo di Roma del 2 ottobre 2024 che ha causato la cancellazione di 35 corse dell’Alta Velocità e forti ritardi su altre linee, il problema tecnico alla linea elettrica della stazione di Milano Centrale dell’11 gennaio 2025, i guasti sulla linea alta velocità Roma-Firenze del 15 gennaio 2025 e i guasti multipli nelle stazioni di Roma Termini e Milano centrale, sempre del 15 gennaio 2025, per i quali il Gruppo FS non ha escluso ipotesi di sabotaggi.
L’esposto del Gruppo FS
«Benché gli episodi ora descritti si presentino, all’apparenza, collegati tendenzialmente a disfunzioni di natura tecnica sui quali il Gruppo FS ha disposto accertamenti interni al fine di ricostruirne cause e responsabilità, si ritiene non si possa escludere in radice l’ipotesi che si tratti di una situazione connessa ad attività interne e/o esterne volutamente mirate a colpire gli asset aziendali con la finalità di destabilizzare, anche a livello istituzionale e governativo, il Gruppo FS ed il relativo management».
Dichiarazioni di non poco conto contenute nell’esposto presentato dal Gruppo FS alla questura di Roma a seguito del quale i magistrati del pool antiterrorismo della Procura di Roma hanno aperto un fascicolo d’inchiesta, attualmente contro ignoti, delegando le indagini alla Digos ed alla Polfer.
In un simile contesto sono apparse particolarmente stonate quelle banalizzazioni rispetto alle ipotesi di sabotaggio portate avanti da soggetti che, sprovvisti di competenze ferroviarie, anziché provare ad approfondire in modo fattuale un tema delicato e strategico che investe la stessa credibilità del Paese, si sono limitati esclusivamente a dileggiare le ferrovie, tante sono state le battute apparse sui “social” volte a canzonare le ferroviere e i ferrovieri che giornalmente con senso del dovere, impegno e responsabilità, assicurano la mobilità a milioni di persone e merci.
I ritardi nel trasporto ferroviario sono diventati anche oggetto di dibattito nelle decine di talk show che giornalmente inondano i palinsesti televisivi e i “tuttologi”, anche per questa occasione, non si sono risparmiati e sono diventati tutti esperti di circolazione treni e esperti di manutenzione ferroviaria proferendo affermazioni prive di fondamento. Una modalità che francamente mi indigna.
Tutto ciò doverosamente premesso, i ritardi dei treni in Italia sono un problema comune e possono essere attribuiti a una serie di fattori strutturali, gestionali e operativi. Il primo imputato sono le condizioni della rete ferroviaria e l’obsolescenza delle nostre infrastrutture: alcune linee, soprattutto quelle regionali e locali, utilizzano infrastrutture troppo datate, che richiedono manutenzione frequente e causano rallentamenti. Inoltre in alcune aree, le linee ferroviarie sono sovraccariche a causa di un traffico intenso, con treni regionali, a media e lunga percorrenza e merci che condividono gli stessi binari.
Talvolta poi ci sono eventi esterni che vanno ad impattare sulla rete quali fenomeni climatici estremi, come frane, allagamenti o smottamenti, frequenti in alcune regioni italiane, che possono bloccare le linee, ma anche la pioggia intensa, neve, vento forte o temperature estreme possono rallentare i treni o causare danni alla rete ferroviaria (ad esempio, alberi caduti sui binari). Collisioni accidentali, problemi di sicurezza o emergenze mediche a bordo o in stazione rallentano l’intero sistema. Per non parlare dei rischi connessi alla presenza di passaggi a livello in linea e di attraversamenti a raso nelle stazioni. Infine il tema, purtroppo sempre più diffuso ed urticante, del vandalismo e dei furti di materiali (come cavi di rame) che possono interrompere le operazioni con danni esponenziali rispetto al valore del materiale sottratto. Il furto di rame dalle ferrovie è purtroppo un problema serio e questi atti non solo danneggiano le infrastrutture ma anche la credibilità stessa del servizio. Per provare a prevenirli, le ferrovie adottano misure come sistemi di sicurezza implementati e migliorati, sorveglianza, e anche la sostituzione dei cavi in rame con materiali meno “attraenti”. Vengono fatti anche sforzi per regolamentare e monitorare in maniera più stringente la vendita di rame, per rendere più difficile ai ladri di vendere il loro bottino. Purtroppo, allo stato attuale, abbiamo un approccio giuridico che non sembra essere ancora in grado di arginare il fenomeno, considerandolo alla stregua di un reato minore, magari “da capire per lo stato di necessità” di chi commette tale reato, invece di valutarlo e reprimerlo sempre per quello che è: un attentato alla sicurezza dei trasporti per il quale il nostro sistema legislativo prevede già pene severe per cui, anche in questo caso, non ci sarebbe bisogno di leggi speciali se venissero applicate correttamente quelle esistenti.
Prospettive future e soluzioni
Cosa si sta facendo per migliorare?
Nonostante le numerose difficoltà, il Gruppo Ferrovie dello Stato ha annunciato un piano strategico 2025-2029 che prevede 100 miliardi di euro di investimenti per accompagnare la crescita del Paese.
Non poco, anche grazie alla straordinaria opportunità offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), per il potenziamento delle ferrovie italiane, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la sostenibilità e la sicurezza del trasporto ferroviario. Il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (FS) è il principale attuatore di questi interventi. Entro il 2026 sono previsti investimenti per realizzare nuovi collegamenti ferroviari e potenziare le linee esistenti migliorando la connettività e riducendo i tempi di viaggio. Sono state assegnate risorse per l’acquisto di oltre 130 nuovi treni, sia elettrici che bimodali, destinati a migliorare il servizio e ridurre l’impatto ambientale. Inoltre, ci sarà l’adozione di Tecnologie Avanzate: l’implementazione del sistema European Rail Traffic Management System (ERTMS) mira ad aumentare la sicurezza e l’efficienza della rete ferroviaria. Rete ferroviaria italiana (Rfi) sta investendo circa tre miliardi di euro all’anno in manutenzione straordinaria e ha attivato una control room per la gestione degli eventi straordinari sulla rete, migliorando l’affidabilità del servizio. Ad oggi, Rfi ha speso e contabilizzato circa 11 miliardi di euro dei 22 previsti dal Pnrr per la realizzazione di infrastrutture e opere. L’obiettivo è proseguire con il rinnovo e il potenziamento della rete anche oltre il 2026, per migliorare ulteriormente l’affidabilità, la qualità e la sostenibilità del sistema ferroviario italiano. Questi enormi investimenti rappresentano una trasformazione significativa per le ferrovie italiane, mirata a creare una rete più efficiente, integrata e sostenibile per il trasporto di passeggeri e merci.
In conclusione, se da un verso il 2024 ha evidenziato un leggero incremento dei ritardi, dall’altro, attraverso gli interventi strutturali che si sono già realizzati e che si realizzeranno nei prossimi anni, il Paese avrà a disposizione una rete più sicura e più affidabile per garantire un trasporto più puntuale e soddisfacente per tutti gli utenti.
Non è quindi eccesso di ottimismo sostenere che il prossimo futuro delle Ferrovie si profila eccellente e che anche altri importanti settori del trasporto, quali quello aereo e marittimo, sembrano ben avviati per risolvere finalmente la larga parte delle loro endemiche fragilità. Purtroppo, questo quadro estremamente positivo viene minacciato dalla nostra fragilità energetica che ha innescato l’attuale crisi industriale risultato di una combinazione di fattori strutturali, economici e geopolitici che hanno messo sotto pressione la competitività del settore manifatturiero e con i quali dovremo fare i conti.
La crisi energetica e non solo
L’Italia dipende fortemente dalle importazioni di gas e petrolio, il che rende i prezzi dell’energia più alti rispetto ad altri paesi industrializzati. La crisi energetica legata all’invasione russa dell’Ucraina ha aggravato il problema e, le scelte che l’Europa ci ha sostanzialmente imposto, sono state disastrose, portando a livelli insostenibili il costo finale dell’elettricità. Ma questo non è l’unico problema perché il nostro cuneo fiscale (differenza tra costo del lavoro per le aziende e stipendio netto per i lavoratori) è tra i più alti d’Europa, rendendo così meno competitiva la produzione italiana. Inoltre, il rallentamento economico globale ha ridotto la domanda per molti prodotti italiani e la concorrenza di Paesi con costi di produzione inferiori (Cina, India, Europa dell’Est) e ha spinto molte aziende italiane fuori mercato ed a causa dell’incertezza di fondo. Tante altre aziende investono poco in ricerca e sviluppo (R&D) rispetto ai competitor tedeschi e francesi. Il ritardo nella digitalizzazione delle imprese limita l’adozione di tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’industria 4.0. L’Italia, altro errore strategico, è fortemente dipendente da settori ormai maturi come moda, automotive e meccanica tradizionale, mentre altri Paesi europei hanno diversificato puntando di più su settori ad alta crescita ed alto revenue (high-tech, green economy).
Infine, come abbiamo spesso denunciato, soffriamo dell’invecchiamento della forza lavoro e soprattutto della scarsa formazione, con molte industrie che faticano a trovare lavoratori qualificati, soprattutto in settori tecnologici avanzati perché il sistema scolastico e universitario non sempre formano competenze adeguate alle esigenze del mercato del lavoro.
Una parte significativa del costo dell’energia è rappresentata da tasse e oneri di sistema. Questi includono incentivi alle energie rinnovabili, costi per il supporto delle reti e altre spese regolatorie, che incidono pesantemente sulle bollette. Gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio e promuovere le energie rinnovabili comportano investimenti significativi, che spesso sono finanziati attraverso tariffe più alte per i consumatori. Sebbene questi investimenti siano essenziali per il futuro, nel breve termine aumentano i costi. Nonostante la liberalizzazione del mercato, in alcune aree l’offerta di energia è ancora concentrata in pochi grandi operatori, il che limita la competizione e mantiene i prezzi relativamente alti.
Cosa si sta facendo per migliorare? Investimenti in solare, eolico e altre fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza dal gas. Diversificazione delle forniture: Accordi con nuovi fornitori di gas e sviluppo di terminali di rigassificazione per il GNL (Gas Naturale Liquefatto). Sviluppo di reti intelligenti per migliorare l’efficienza e la resilienza della rete elettrica. Nonostante queste iniziative, la riduzione dei costi richiederà tempo, dato che molti problemi sono strutturali e legati a dinamiche globali.
Il costo dell’energia elettrica prodotta da carbone, gas naturale e nucleare varia a seconda di diversi fattori, tra cui il costo delle materie prime, le politiche ambientali, il costo del capitale e i costi operativi, ritengo certamente utile per una migliore comprensione di questi temi la lettura delle valutazioni ponderate del LCOE: Confronto del Costo Livellato dell’Energia (LCOE)
Il Levelized Cost of Energy (LCOE) esprime il costo medio dell’energia prodotta in dollari per megawattora ($/MWh) su tutto il ciclo di vita di un impianto.
Fonte energetica | LCOE medio (stima 2023-2024, $ per MWh) |
Carbone | 65 – 120 |
Gas Naturale (CCGT) | 50 – 100 |
Nucleare | 80 – 200 |
Analisi per Tecnologia
Carbone
Vantaggi: Affidabile e abbondante.
Svantaggi: Costi elevati per emissioni di CO₂ (tasse sul carbonio, CCS). Il phase-out in molte nazioni aumenta il costo di finanziamento.
Tendenza: In calo nei paesi sviluppati a causa delle normative ambientali.
Gas Naturale (Ciclo Combinato – CCGT)
Vantaggi: Flessibile, meno emissioni rispetto al carbone.
Svantaggi: Prezzo del gas volatile, dipendenza dalle importazioni (specie in Europa).
Tendenza: Ancora competitivo, ma con pressioni per ridurre le emissioni di CO₂.
Nucleare
Vantaggi: Produzione costante, basse emissioni, lungo ciclo di vita.
Svantaggi: Elevati costi iniziali e di smaltimento scorie.
Tendenza: Costi in calo con nuove tecnologie (SMR – Small Modular Reactors).
Conclusione
Il gas naturale è attualmente più economico rispetto al nucleare e al carbone, ma il suo costo dipende molto dal prezzo del gas.
Il carbone è sempre meno competitivo a causa dei costi ambientali.
Il nucleare ha alti costi iniziali, ma è competitivo nel lungo termine, specialmente in scenari di decarbonizzazione.
Il futuro dipenderà dalle scelte che si faranno nell’ambito del Gruppo FS ma, trattandosi di un’azienda energivora, anche dalle politiche energetiche e dagli investimenti in nuove tecnologie.