23 Luglio 2014
Finalità
Il Legislatore tiene in considerazione le particolari esigenze che si possono presentare nell’arco della vita del lavoratore e riconosce, ai dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati, il diritto di fruire di permessi retribuiti e congedi (non retribuiti) per motivi personali derivanti da eventi e cause particolari, tassativamente previste dall’art. 4 della L.53/2000 e precisate dal relativo regolamento di attuazione (posto con D.M. 21 luglio 2000, n. 278).
Il lavoratore conserva il posto di lavoro durante il periodo di assenza e al suo termine ha diritto di rientrare nella stessa unità produttiva, o in altra ubicata nello stesso comune, e di essere adibito alle ultime mansioni svolte o equivalenti.
Permessi retribuiti
Il lavoratore può fruire di un permesso retribuito (nella misura di 3 giorni all’anno) in caso di infermità grave o decesso di parenti o conviventi che stiano con il richiedente in relazione di (art. 4, comma 1 L.53/2000 e art. 1 D.M. 21 luglio 2000, n. 278):
1. coniuge (anche legalmente separato);
2. parente entro il 2° grado (anche non convivente);
3. convivente (quando la convivenza risulti da certificazione anagrafica).
Nei 3 giorni di permesso non sono computabili i giorni festivi o non lavorativi. In alternativa alla fruizione dei permessi, solo nei casi di grave infermità di uno dei familiari indicati, il lavoratore può concordare con il datore di lavoro modalità diverse di svolgimento della prestazione che comportino una riduzione dell’orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso così sostituiti.
I giorni di permesso devono essere utilizzati entro 7 giorni dall’avvenuto decesso o dall’accertamento dell’infermità grave che li giustifica, ovvero della necessità di provvedere a specifici interventi terapeutici.
Congedi non retribuiti per gravi motivi familiari
I dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati possono richiedere un congedo non retribuito della durata massima di 2 anni (art. 4, comma 2 L.53/2000), in presenza di gravi e documentati motivi relativi alla situazione personale del lavoratore, della propria famiglia anagrafica e dei soggetti anche non conviventi (art. 2, comma 1, D.M. 21 luglio 2000, n. 278) che stiano con il lavoratore in relazione di:
1. coniuge;
2. figli (legittimi, legittimati, naturali o adottivi) e, in loro mancanza, discendenti prossimi anche naturali;
3. genitori e, in loro mancanza, ascendenti prossimi, anche naturali;
4. adottanti;
5. generi e nuore;
6. suoceri;
7. fratelli e sorelle germani e unilaterali;
8. parenti o affini entro il 3° grado, anche non conviventi, se disabili.
Per gravi motivi devono intendersi:
a. necessità derivanti dal decesso di uno dei familiari indicati;
b. circostanze che richiedono il particolare impegno del dipendente per la cura/assistenza degli stessi;
c. situazioni di grave disagio personale del dipendente ad esclusione della malattia;
d. situazioni patologiche, acute o croniche, dei familiari indicati quando:
e. situazioni patologiche dell’infanzia e dell’età evolutiva che abbiano le caratteristiche appena elencate (i,ii,iii), che richiedano il coinvolgimento dei genitori, o di chi esercita la podestà , nel programma riabilitativo.
Il congedo può essere fruito per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 2 anni nell’arco dell’intera vita lavorativa del dipendente. I 2 anni si calcolano secondo il calendario comune, calcolando anche i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo (art. 2, comma 2, D.M. 21 luglio 2000, n. 278). Il periodo di congedo non si computa ai fini dell’anzianità di servizio e previdenziali. Il lavoratore che ne abbia fruito ha comunque la facoltà di riscattare il periodo attraverso il versamento dei relativi contributi. Nel corso del periodo di congedo il dipendente non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.
Fatto il caso in cui sia stata preventivamente definita una durata minima del congedo, il lavoratore può rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine, previa comunicazione al datore di lavoro. Qualora però il lavoratore in congedo sia stato sostituito con un’assunzione a termine, il rientro anticipato deve essere comunicato al datore di lavoro con un preavviso di almeno 7 giorni. Il datore di lavoro può comunque accordare il rientro anticipato anche quando non siano rispettati i termini di durata minima o di preavviso.
La contrattazione collettiva può disporre una disciplina più favorevole al lavoratore.